
Ieri mattina avevo nostalgia di tornare a fare le cose che facevo spesso da ragazzo,
prendere un pullman in città e fare un giro nei quartieri più lontani, quelli che non visiti spesso, quelli che ad una certa età erano quasì tabù, terre straniere..
Ho preso il lettore cd, quello grande, quello con le batterie che si scaricano dopo mezzora e tu per ricaricarle un pò le riscaldi fra le mani, ho l'ipod piccolo e con grande autonomia, ma oggi volevo stare con le cose di una volta, ho preso anche le cuffie del vecchio walkman, quelle con la spugnetta arancione che ti rimaneva attaccata alle orecchie..
Ho preso con me solo una cosa nuova, il nuovo album di Moby,Wait for me...
Sono salito nel tardo pomeriggio sulla linea 3 ho fatto il biglietto (perchè sono furbo) e mi sono lasciato trasportare, il tempo non era dei migliori però più avanti mi sarei reso conto che la cosa avrebbe aiutato ad apprezzare il cd che intanto era fermo nel lettore..
Premo play, parte il cd e parte anche il pullman..
Moby negli ultimi anni ha rivelato una certa nostalgia verso il mondo della musica dance alla quale lui era molto legato e ce lo ha fatto capire attraverso due album pieni di quei suoni che propone nei suoi dj set, ottimi lavori senza dubbio con uno spessore maggiore rispetto agli album sfornati da alcuni produttori europei che impastano le solite cose e ce le propongono ogni primavera..
La prima traccia mi fa capire che Moby è stanco di correre dietro ai bpm incalzanti dei precedenti album e manda a casa la batteria elettronica per stendere al suo posto dei tappeti sonori degni della colonna sonora del viaggio più bello del mondo.. Sembra il sequel di Play ma più curato, triste e malinconico allo stesso modo del suo fratello maggiore, si nota una maturità ancora più ampia, che per un artista del calibro di Moby vuol dire quasi perfezione..
I palazzi nuovi si sovrappongono a quelli vecchi e in alcuni quartieri le facce e le persone sono sempre le stesse, almeno fuori, dalle cuffie che non isolano come i più modermi auricolari riesco a sentire il rumore del vecchio bus che arranca fra cumuli di cenere e macchine in seconda fila e quelle quattro nuvole che sembravano timidi fazzoletti abbandonati, han portato la pioggia, e io non sono ancora a metà strada con le tracce del cd, la numero cinque merita di essere ascoltata e riascoltata, mi spinge quasi a scendere dal pullman e camminare a piedi sotto la pioggia, mi sforzo di comprendere lo stato d'animo di Moby, era tranquillo o stanco e triste durante la creazione di questo album?
Sto scivolando sempre più in basso e ormai mi sembra di essere diventato parte di questa macchina ora colma di gente ora vuota, la sesta traccia dove compare la voce dell'autore la voglio dedicare all'autista " Don’t speak to me this way, Don’t ever let me say, Don’t leave me again" quella faccia inespressiva solcata da rughe come strisce strisce sull'asfalto, che guarda avanti immerso in chissà quali pensieri..
Fino alla traccia dieci è un dolce farsi male, è un fermarsi a riflettere su tutto, è un chiedere al mondo di fermarsi un attimo e poi ancora e ancora..La traccia undici è maestosità, un lieder da camera ipnotico e rarefatto che segna il reale intento di Moby, farci fermare...
Io sono quasi ritornato al capolinea e nel lettore correva la traccia sedici, per la prima volta scendendo dal bus ho incrociato lo sguardo dell'autista, un uomo calvo sulla quarantina, spalle strette e strani occhiali che nascondevano buona parte del viso, ho tolto le cuffie facendo attenzione che le spugnette non rimanessero attaccate alle orecchie, il tizio mi ha guardato ha sorriso un pò e con uno strano accento inglese mi ha augurato la buonasera...
Rubrica a cura di Dj Morph
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