sabato 19 febbraio 2011

CAM Jazz Present FULVIO SIGURTÀ «House of Cards»


La tromba più felice tra le nuove generazioni, lo ha recentemente definito un articolo di una rivista specializzata. Eccessivo? Neanche tanto, perché Fulvio Sigurtà rappresenta una delle voci più riconoscibili e forti della scena musicale contemporanea. Tra i musicisti dello stivale è uno dei più richiesti e molti dei grandi band leader della penisola ormai non si privano più del musicista bresciano. Suono unico il suo, una firma inconfondibile, un ricercatore meticoloso e un’artista pensante come pochi. Registrato a Londra, House of Cards è la foto perfetta di questo momento artisticamente culminante dell’attività del trombettista. Composizioni quasi tutte firmate dallo stesso band leader, un’attenta ricerca sulle strutture, un senso della melodia unica. La ricerca sullo strumento è strabiliante, in continua evoluzione, ed è sorprendente constatare come Sigurtà - concerto dopo concerto – dia prova di sempre maggiore consapevolezza dei proprio mezzi. Stabilitosi a Londra da qualche anno, Fulvio è coinvolto in alcune importanti formazioni che stanno popolando il nostro territorio (gli ensemble di Giovanni Guidi e quello di Mauro Ottolini, la collaborazione con Enzo Pietropaoli e quella con Paolo Damiani). Fino ad ora però Sigurtà aveva un po’ trascurato la sua carriera da leader. Prova di maturità non di poco conto quella di voler affrontare l’esperienza di un proprio progetto solo quando si è pienamente convinti delle proprie idee e dei propri mezzi. Il tempo è maturo e detto ciò, Fulvio, la voce riconoscibile e forte, ha realizzato questo suo House of Cards, una carta da visita importante. Un modus operandi, il suo, che ricorda grandi maestri ed evoca paragoni felici. Per questa sua prova d’autore Fulvio ha voluto accanto a sé musicisti non certo di nota fama qui da noi: James Allsopp al clarinetto basso e sax tenore, Federico Casagrande alla chitarra elettrica (una scommessa: si sentirà presto parlare di lui), Riaan Vosloo al contrabbasso e Timothy Giles alla batteria. Solo nomi per molti di voi, in realtà formano un quintetto bello e unito e sono quei musicisti che Fulvio, completamente slegato dalla concezione di chiamare qualche nome forte per meglio promuovere il suo progetto, ha voluto. La scrittura del trombettista, rigorosamente originale, lo è per davvero e in ogni senso. Pare raccontare e descrivere un mondo in costante cambiamento, cogliendone la bellezza ma anche la debolezza, che si muove in un vertiginoso gioco di rispecchiamenti. Traccia così una nuova mappa delle tecniche compositive, lavorando su modelli e soluzioni sempre fascinose. E tutto ciò lo fa creando un senso di grande attesa, di sospensione, perché questo sguardo al futuro contrasta vivamente con la riproposizione di un suono d’epoca, fascinoso, di grande effetto scenico. Che è una delle migliori qualità di questo lavoro.

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