Settimo disco di studio per Sam Paglia a quasi 20 anni dai
suoi esordi musicali dopo una giovanile esperienza come cartoonist a Londra.
Classe 1971 e conosciuto soprattutto come il “Padrino della
lounge music” o il re dell'Hammond sound made in Italy, in questo nuovo lavoro
Sam si stringe ai suoi musicisti fedeli nel numero perfetto, il 3, il Trio.
La matrice di “Funkenya!”, questo il nome del nuovo
album, è strettamente funk, nella sua
forma più ruvida e irresistibile, quasi rock, senza troppe concessioni ad
arrangiamenti patinati e barocchi. “Funkenya!” è un'isola ideale per fuggire
all'appiattimento odierno del panorama musicale di questo Paese e al suo
conseguente riflesso radiofonico che, salvo rari casi, non lascia troppi
margini all'immaginazione e alla creatività, fugge da certi schemi opprimenti.
“Funkenya” è una bolla protettiva
costruita a suon di Hammond, Clavinet e piano Wurlitzer con la complicità della
robusta batteria di Simone ( il fratello di Sam) e la chitarra e la voce di
Francesco Minotti ( che canta i 4 brani non strumentali del disco).
Il disco è un bel viaggio nei suoni afroamericani tipici della
scena soul-funk anni 70 con una sterzata su varianti particolari quali la
psichedelica in “Funkenya!” ( che sembra un brano a metà strada tra Fela Kuti e
Mulatu Astatke), Wiley ( un brano soul bianco tra i Doobie Brothers e Paul
Weller) o la ballad soffice “Sorry Baby” che per tipologia si distacca dal
mondo funk e diventa genere a se' (la capacità del Sam Paglia Trio di essere
loro stessi anche in ambiti diversi tra loro, fa parte della peculiarità del
gruppo a volte rischiando anche di non poter venir catalogati in un genere
preciso).
In breve si tratta di un disco molto ben suonato, molto
ritmico e mai ostaggio di eccessive evoluzioni tecniche o lunghi assoli.
L'organo Hammond è molto presente ma con registri sempre diversi e ben dosati (da quello dinamico e percussivo
alla Jimmy Smith, fino al suono più gospel alla Billy Preston, per passare a
quello acido e funk dei Meters).
12 tracce, 4 cover (quattro brani di quattro maestri del soul
funk dei primi 70': Donny Hathaway con
Valdez in the country, Bill Withers con Kissing my love, Clifford Coulter con
VJC, The Meters con Can you do without) per 43 minuti di musica che scalda
l'anima, musica che ha il pregio di non invecchiare perchè sempre moderna e
capace di compiere il miracolo piu' antico: far ballare e divertire.
Nessun recupero nostalgico dunque, nessun museo delle cere
dove sospirare dei bei tempi andati ma un onesto proseguo di una buona musica
funk ben suonata.
Una sfida non da poco in questo panorama di proposte musicali
fragili e fenomeni modaioli dettati da un'industria incapace di rinnovarsi e
ormai al collasso. Consigliato. 8/10
Aldo Buscaglia- Rocchenrolla.
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